Al tempo del coronavirus: I GEMELLI DIVERSI TRANSATLANTICI di Giulio Rosa

Quando Trump ha cinguettato che l’infezione Covid-19 non esiste, qualche cinico deve esser corso col pensiero a Don Ferrante. Tanto più per il fatto che ha dichiarato che non avrebbe neanche fatto il tampone. Nel frattempo, ha chiuso i collegamenti con l’Europa. Per ora, questo è l’unico provvedimento reale che non mancherà di dispiegare i suoi effetti negativi per i commerci e le relazioni politiche internazionali.

Come d’uso, nelle ore immediatamente successive, ha rettificato – tanto per tenere il popolo allenato alle conversioni repentine e alle bufale – cinguettando che l’America farà uno sforzo plurimiliardario per difendersi dalla malattia, che ha fatto il tampone, eccetera eccetera. Circa l’esistenza reale del virus, probabilmente è stato (forse) convinto da qualche temerario consigliere che avrà probabilmente argomentato che trarrà qualche vantaggio dal cambiamento di rotta. Può anche esser che, in precedenza, avesse frainteso qualche voce di corridoio dell’Amministrazione sull’origine oscura del virus.

Il fatto certo è che il sistema sanitario statunitense non reggerebbe all’urto di una pandemia, ulteriormente indebolito com’è dalla politica di Trump che, arrivato al potere, ha immediatamente smontato la riforma del sistema sanitario tentata da Obama. Ad ogni modo, non si può escludere che, in questa prospettiva, ci sia per lui una crescita del consenso. I suoi elettori socialmente e culturalmente più derelitti sanno che con quello che considerano un negro keniano erano curati meglio, ma stanno comunque con lui, bianco tedesco mimetizzato. Dato che la pandemia potrebbe colpire più nei grandi centri urbanizzati che nelle praterie delle catapecchie mobili, non si può escludere una selezione naturale dell’elettorato.

Da questa parte dell’Atlantico, il gemello diverso si sta adoperando per raggiungere lo stesso disastroso risultato seguendo una logica opposta, riconoscendo l’esistenza della malattia alla quale attribuisce una valenza – in qualche modo – salvifica. Johnson si è riferito alla tradizione malthusiana inglese, accettando – se non invocando – il sacrificio naturale della parte più debole della popolazione britannica. Ha solennemente avvertito che, in ogni famiglia, qualche caro se ne andrà e che, alla fine, la popolazione si ridurrà di cinque o seicentomila persone. Riduzione del tutto accettabile. Il Nostro ha scimmiottato, evocandolo esplicitamente, il discorso “lacrime e sangue” di Churchill, scadendo dal tragico al tragicamente ridicolo. Alla fine, pur serrando qualcosa, restano aperte scuole e università. Così siamo certi del fatto che, insieme ai vecchi più o meno malandati e poveri, se ne andranno anche i giovani meno dotati fisicamente e qualche professore (cosa che va sempre bene, che il diavolo se li porti).

Anche a provare a stargli dietro – nelle sue elucubrazioni – non si esce dalla prospettiva tragica. Nelle Isole, i bambini della scuola materna, in pieno inverno, vengono lasciati in ricreazione all’esterno, con freddo, vento e pioggia, allo scopo di temprare un popolo tradizionalmente guerriero e frugale. Certo, qualcuno soffre e può soccombere, ma va bene così, per rafforzare la nazione. Il fatto è che, per Covid-19, non è affatto detto che si possa realizzare un rafforzamento dei superstiti e che questi saranno il 99% della popolazione. Di questa infezione non si sa molto, neanche che non sia recidivante e neanche che i numeri dei morti della prima ondata siano limitati. Naturalmente, l’aspetto principale di questa scelta aberrante sta nella sua profonda disumanità, in contraddizione – ottant’anni dopo la riforma Beveridge – con i principi moderni della difesa sociale e antichi dell’etica medica. Non è consentito fare paragoni forzati e indebiti, ma ci ricordiamo che, in fondo, sono passati pochi decenni da quando medici laureati praticavano l’eugenetica di stato: si vede che qualche loro epigono trova spazio nei consigli di gabinetto governativi, in giro per il mondo. Si affiancano, novelli Rasputin, agli eccentrici e disadattati che già li occupano.

All’epoca delle lacrime e del sangue, i Reali britannici si rifiutarono di espatriare, restarono a Londra e si facevano vedere al mattino, tra le macerie causate dai bombardamenti. Se Johnson vuol dare spessore alla sua linea, deve solo prendere l’abitudine di farsi un paio di viaggi in metropolitana. Ogni giorno, fin che dura. L’epidemia, of course.

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