L’ALGORITMO ATOMICO di Giulio Rosa

Ma quanto ci hanno messo a capire la portata reale del fenomeno? In questi giorni, giornali e telegiornali, in giro per il mondo, titolano sorpresi sul commercio dei dati personali di decine di milioni di frequentatori del web e dei social.

Sorpresa incomprensibile. L’allarme e lo scandalo di questi giorni sono originati dalle forti perdite in borsa dei titoli delle società interessate e dal fatto che la vicenda si avvia ad assumere caratteri giudiziari internazionali e conseguenze finanziarie incalcolabili, a causa dell’enorme numero di soggetti potenzialmente coinvolti.

In verità, gli aspetti fondamentali – politici e civili – del traffico dei dati erano noti da tempo. Soffermandoci sulla falsa verità (Il Grandevetro 125, primavera 2017) avevamo scritto che “l’analisi della platea obiettivo è necessaria per calibrare il peso e la qualità del contenuto del messaggio che deve rispondere a pulsioni, paure, attese, speranze latenti o palesi del target. La storia delle recenti elezioni presidenziali americane ha mostrato chiaramente come, alla base delle strategie complessive di comunicazione mistificante, ci sia lo studio accurato delle tendenze delle persone, spinto fino al livello dei singoli individui, accompagnati quotidianamente da nuove sollecitazioni”.

Le pratiche adottate da Cambridge Analytica furono oggetto di ammirazione da parte dei media di tutto il mondo, dopo il referendum sulla Brexit e l’elezione di Trump. Ci torna in mente la lunga intervista di una rinomata giornalista televisiva italiana a una ricercatrice emigrata dall’Italia a Cambridge, dove si era guadagnata un posto di rilievo nella società di trattamento dati. Da notare che, nello scalpore di questi giorni, l’Università contesta alla società l’omonimia.

La novità di questi giorni sta nel fatto che è stato rivelato che i dati personali trattati sono stati oggetto di un traffico, in qualche modo, illecito. Nel senso che o sono stati illecitamente venduti, o sono stati fraudolentemente sottratti, o sono stati indebitamente trattati. Tutto sommato non c’è grande differenza rispetto a prima che si diffondessero le notizie di questi giorni. Il problema di fondo sta nella disponibilità e nell’ uso di quei dati.

Anche se i dati sono forniti consapevolmente dalle persone, anche se sono oggetto di transazioni economiche legittime e sono trattati nell’ambito di contratti strutturalmente regolari, la comunità civile viene esposta a rischi gravi.

La logica di base dell’operazione condotta da Cambridge Analytica è semplicissima. Vengono acquisiti dati personali, anche sensibili, di milioni di persone; per ognuna di esse si costruisce, in base ai suoi dati, un profilo; questo profilo, adattabile all’uso, viene utilizzato per confezionare un messaggio personalizzato.

Ricercatori che si sono applicati in questi studi, sostengono che con alcune decine di dati un algoritmo dedicato può fornire una conoscenza intima della persona, anche superiore a quella che ognuno può avere di se stesso, nel senso che la profilatura fornirebbe l’indicazione di sentimenti inconsapevoli dei soggetti trattati.

Può apparire fantascientifico, ma occorre considerare che, per gli scopi degli agenti del trattamento, non è necessaria un’accuratezza fine, individuo per individuo, ma un’accettabile corrispondenza, su numeri molto grandi, tra la descrizione fornita dal trattamento dei profili e quella fattuale del gruppo bersaglio.

Le aziende cercano di massimizzare la corrispondenza tra la propria offerta e la domanda dei consumatori, con tecniche commerciali di vario genere. Da diversi decenni, da quando esistono i computer industriali, i dati dei consumatori vengono elaborati per offerte calibrate ai singoli consumatori. In generale, chi acquisisce originariamente i dati è soggetto diverso da quello che li elabora e li utilizza. Fino a qualche anno fa, i possessori primari di dati erano i venditori di beni materiali e di servizi; ad esempio, catene commerciali, produttori di beni di consumo, gestori di sistemi di pagamento. Per questi soggetti i dati costituivano, e ancora costituiscono, un prodotto secondario del processo produttivo.

Oggi, la combinazione della comunicazione telematica con i sistemi di pagamento on line consente di fare offerte personalizzate che, anche se frequentemente rifiutate dai consumatori, sono comunque estremamente redditizie per gli offerenti che, anche con adesioni relativamente basse, possono conseguire ricavi alti, in ragione dei grandi numeri in gioco, con costi di intermediazione ridicolmente bassi.

Con lo sviluppo dei prodotti e servizi telematici di largo consumo, i dati diventano materia prima. I gestori dei social acquisiscono dati dagli utenti a costo zero e conseguono margini enormi con la loro elaborazione o con la loro vendita.

Questo solo aspetto costituisce già uno scandalo. Ma c’è di più.

Se nella storia dell’Umanità c’è un prima e un dopo Alamogordo, corriamo il rischio che ci sia anche un prima e un dopo lo smartphone.

Nell’ultimo decennio diversi fattori si sono combinati, pervenendo a un composto esplosivo:

– lo sviluppo di software complessi e sofisticati che consentono la raccolta, l’instradamento e l’elaborazione di masse enormi di dati, anche molto diversificati;

– la diffusione capillare degli smartphone, dispositivi che consentono connessioni immediate e multiutente;

– la straordinaria fascinazione esercitata sul pubblico, in particolare quello meno accorto e avvertito, da parte dei social network telematici.

La moderna profilatura non è finalizzata solo a conoscere ma piuttosto a orientare gli utenti nelle loro scelte che, oltre che di consumo, possono essere di carattere sociale, culturale, politico. Esperienze recenti dimostrano che queste tecniche di approccio e di sviluppo, opportunamente adattate, consentono la costruzione di reti bellicose, relativamente ristrette come dimensione, ma pericolosamente distruttive nell’azione.

Si sono sempre utilizzati strumenti e tecniche d’influenza dell’opinione pubblica, dall’orazione alla televisione, dalla confidenza alla lettera personalizzata. Mai, prima d’ora, era stata possibile un’azione così poderosa sul piano della numerosità, della pervasività e dell’accettazione.

Nel rapporto fortemente asimmetrico tra il potere del fornitore e quello dell’utente, è particolarmente significativa la relazione feticistica tra i due: il totem fascinoso che asseconda le pulsioni recondite del soggetto ammaliato. Ovviamente il totem non è il fornitore, ma l’amalgama costituita da network e digitazione, fisicamente rappresentata dal dispositivo, lo smartphone: lo strumento che consente all’utente un’illusoria connessione col mondo, mentre è, invece, sconnesso dal mondo reale.

L’elemento di assoluta innovazione è costituito dalla portabilità che assicura un continuo scambio di dati, cioè di informazione, nei due sensi, ma con il controllo da una parte sola. A meno di non sconnettersi.

Lo smartphone è una atomica portatile. A meno di non sconnettersi.

3 Commenti

  1. «È caduta, è caduta la gran Babilonia: ed è diventata abitazione de ‘ demoni e carcere di tutti gli spiriti impuri e carcere di tutti i volatili immondi e odiosi. Perché del vino della fornicazione di lei, vino d’ira bevettero tutte le genti: e i re della terra prevaricano con essa; e i mercadanti della terra si sono arricchiti dell’abbondanza delle sue delizie».
    (Giovanni, Apocalisse, XVIII 2-3, trad. A. Martini).
    m. f.

  2. Leggo e condivido. Ma oggi mi colpisce una vignetta di Altan sull’Espresso. Un attempato coniuge in pigiama a righe si lamenta “Mi hanno rubato il profilo su FaceBook”. La moglie, fazzoletto in testa e grembiulone, affacendata ai fornelli, replica senza nemmeno voltarsi “E che cazzo se ne fanno?”
    m.l.r.

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