Franca Bellucci, Mare d’amare donne

Massimiliano Bertelli

Mediterranea

Di Mare d’amare donne, rapsodia di Franca Bellucci, colpisce per la sua potenza la copertina, composta utilizzando per volontà dell’autrice la foto di Francesca Randi Donna con le melagrane: sullo sfondo di un mare e di un cielo in tempesta, che si confondono all’orizzonte, una donna vestita di nero agita i propri capelli e stringe fra le mani due melagrane colme di semi rossi di passione.

Il genere fornisce la giusta cornice da abitare per la riflessione critica: la rapsodia è infatti composizione musicale di carattere variegato che si presenta come insieme di spunti melodici, episodi diversi fra loro per ritmo e armonia, che concorrono, con i loro molteplici punti di vista, a mostrare gli aspetti di un contesto tematico unitario. Inoltre, il tema è solitamente patriottico e l’origine risale all’antica Grecia.

La voce delle donne chiede con forza, grida, per ottenere una dovuta riammissione al tavolo della scrittura della Storia, e porta con sé, quasi una dote, il valore dei propri propositi e delle proprie azioni. Il Mediterraneo è la perturbante scenografia, nella quale l’Italia è una terra considerata come «appendice profonda dei sussulti d’Africa». Un mare in cerca di riscatto, da amare, ma costantemente violentato, come le donne amare che nei secoli ne hanno abitato le coste, costrette a «prostituirsi d’animo e di sembiante».

Da qui parte una riflessione di tipo epico – questa non è infatti poesia lirica, ma poema epico! – intrisa di valenza civile, condotta da donne molto distanti fra loro, che con la loro diversità arricchiscono ogni quadro: l’autrice nei primi due quadri (e poi nell’ultimo) si avventura verso lidi altri, con «la mia zattera sghemba fra i detriti di culture ancestrali», migrante fra i migranti che si muovono disperatamente «in dinamiche antiche, certo in torbidi nuovi», scontrandosi con la società patriarcale e maschilista e unendo questa denuncia antica a quella attuale dello schiavismo dei migranti d’Africa a Castel Volturno, facendo risuonare la voce di Miriam Makeba, che è stata repressa.

Nei quadri che seguono il culto di Demetra viene concesso, ma al buio, e alle donne libere sono negati compiti pubblici, mentre è necessario «accudire con pubblico servizio quanti diseredati stanno ai margini», come si afferma in Isola Franca – allusione al nome dell’autrice? Forse, in quanto isola alla ricerca del proprio arcipelago di riferimento in questa narrazione.

E avanti, terra dopo terra, epoca dopo epoca, ritmo dopo ritmo, «nelle pieghe del mondo discendevo dipanando il filo dell’inquieto che s’oppone alla resa», con la consapevolezza che la vera libertà è costituita dall’avere voce e dal custodire memoria fertile per futuri imprevedibili, «evolvendo resistere». Da questa riflessione si scatena una preghiera laica che coinvolge tutto il cosmo con il suo ritmo primordiale, che si trasforma in grida che pretendono di essere ascoltate, voci ai margini, diseredate, non comprese, non volute, ma ancora vive e pulsanti: «libertà da ogni ferita per l’Africa», la nostra madre terra. Il Mediterraneo è «liquido campo noto di poteri pronti ad ogni mattanza», ma non vi affogheranno dentro le voci del dissenso.

Laura Visconti, nella nota di lettura, afferma: «È il mare nostrum il centro di questo poema in versi, ricco complesso profondo frutto di una cultura storica e letteraria penetrante che spazia dalla Grecia antica al Medioevo fino all’attualità, ma soprattutto frutto della sensibilità storica e sociale dell’autrice che va oltre, che scardina la superficie di una tradizione consolidata fatta di occultamenti e di false pacificazioni».

I versi si configurano come la splendida evoluzione di un’avventura civile iniziata nei testi precedenti dell’autrice. Sale l’emozione, quadro dopo quadro, la volontà di cambiare i percorsi già tracciati da altri per noi. Si auspica una trasposizione teatrale, con voci di donne forti e di uomini cortesi, un recupero ardito e innovativo di trame antiche per spiegare il presente; una composizione che, mutatis mutandis, porta il pensiero ai personaggi della tradizione classica rivisitati in Fuochi da Marguerite Yourcenar.

Franca Bellucci, Mare d’amare donne, San Cesario di Lecce, Manni, 2016, pp. 62, € 12,00.

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