Il Cantico dei Cantici di Romano Masoni

Ilario Luperini
Il Cantico dei Cantici di Romano Masoni

Sei acqueforti, un’iniziale riflessione, il testo. Ecco la raffinata cartella del Cantico dei Cantici di Romano Masoni.
Il Cantico: una composizione la cui natura affonda nella complessità dell’amare, rifuggendo da ogni retorica e distante, molto distante da ogni scontata e tradizionale scena di genere.
Il mistero della poesia. L’assolutezza di una domanda cui è arduo rispondere.
Masoni penetra nel componimento poetico con la stessa forza e voglia di capire e di indagare che connota il suo incidere la lastra. È un lavoro lungo, fatto di scatti volitivi e di pacate pause di riflessione, di istinto creativo e di osservazione critica, di interrogativi e di dubbi; ma anche di soddisfazione, di scioglimento dei contrari, di sublimazione dell’esperienza. Passione del sentire e pazienza del fare vanno di pari passo e tracciano una storia, estrapolando dal poema poetici passi incantati. È la storia del patire e dell’esaltarsi in amore.
Introduce – sintesi poetica – un’immagine senza titolo: segni lievi e sicuri, reticoli chiaroscurali di inusitata raffinatezza e intensità, profilo sognante verso un leggiadro volo di capriolo… o cerbiatto; e, al di sotto, quasi pensiero riflesso, magica morbidezza dei toni a delineare un giglio delle valli… un giglio tra i cardi.
Poi le parole… Dove si nasconde il segreto, l’inafferrabilità, l’universale incantamento di quel poema? Perché un poema così fortemente erotico è stato assunto sin dall’antichità nel canone dell’Antico Testamento? E come mai nelle tradizioni religiose dell’Occidente, quella ebraica, quella cattolica e quella cristiana, la letteralità del testo che descrive senza mezzi termini un amplesso è stata rimossa in favore di una interpretazione mistica spesso tirata per i capelli, così forzata nel diniego dell’evidenza da apparire quasi assurda ad un occhio laico e smaliziato? Non c’è risposta certa, ma forse Il Cantico altro non è che il viaggio di tutti i viaggi, afferma Romano Masoni.
Un piccolo gioiello letterario, il canto per eccellenza, il più sublime.
Ecco allora che prende forma il suo personale viaggio; Romano Masoni lo intraprende con libera mente, emozionato dalla intensità di quei versi, conquistato dalla loro immensità.
Due serie di tre tavole: Cantico; Inebriatevi, o cari; Davanti al gregge; e poi Si effondano gli aromi; Non destate il mio amore; Le curve dei tuoi fianchi.
Sei diverse angolazioni, sei diverse sfaccettature.
Nella scelta delle scene, dei titoli, nella peculiarità delle immagini sembra – con una buona dose di certezza – emergere la visione che ha ispirato Romano Masoni.
Nella realtà materiale del testo l’amore descritto è quello di due ragazzi – probabilmente un pastorello e una pastorella – è l’amore di tutti i ragazzi innamorati. L’amore umano in tutte le sue infinite sfaccettature, alle quali si può alludere solo in chiave poetica: la lontananza, il cercarsi, il rincorrersi, il ritrovarsi, l’amplesso… L’autore, chiunque sia, è certamente un poeta raffinato, capace di descrivere l’amore con grande maestria.
E l’erotismo. Una forma di erotismo assolutamente naturale, rurale, libero da restrizioni religiose, che ha luogo nella natura; un erotismo che è la cifra riassuntiva di un naturale rapporto d’amore tra due ragazzi. Tra due ragazzi; non necessariamente tra due sposi, come invece vuole il testo più diffuso nel cattolicesimo. Un rapporto, in realtà, senza alcuna allusione a una vicenda matrimoniale! In questo senso Il Cantico è un poema estremamente trasgressivo, così trasgressivo che nelle interpretazioni tradizionali si sentì sempre il bisogno di leggerlo facendo riferimento a uno sposo e a una sposa. Ma nel Cantico non c’è alcun accenno a un rapporto sponsale istituzionalizzato. Nella tradizione ermeneutica cattolica, il rifiuto dell’interpretazione letterale nasce da una visione angosciata della sessualità, una visione che, semplificando, potremmo definire nemica del piacere. Nel cantico, invece – di ciò sembra essere convinto Romano Masoni – si narra l’amore umano, si celebra il piacere umano accessibile a tutti, o, meglio, a chiunque sappia amare con consapevolezza. Basta osservare Le curve dei tuoi fianchi, per rendersene conto. Un impianto figurale che, per il segno deciso e avvolgente, la raffinatezza della composizione, la suggestione dell’idea, ci consegna una scena poeticamente narrativa, assolutamente priva di qualsiasi morbosità.
Calza a pennello, mi pare, un commento di Ravasi a proposito del Cantico: “L’amore umano pieno, dove corporeità ed eros sono già un linguaggio di comunione, giunge di sua natura a dire il mistero dell’amore che tende all’infinito e può raggiungere la realtà trascendente e divina”.
Nell’opera di Romano Masoni il testo del Cantico, nel suo scorrere in corsivo, si accompagna a immagini insieme delicate e profonde. Impaginazione sapiente, scelte grafiche perfettamente consone all’intenzionalità creativa.
A sostegno di tutto, la preziosità incisoria di Masoni. La sottigliezza del lavorio sulla lastra – acquaforte e ceramolle – un lavorio continuo e assiduo, ben si affianca allo scavo sul testo, ai tentativi di coglierne i segreti.
“Ho letto e riletto il Cantico. Il poema più alto dedicato agli amanti, il libro sacro che riguarda la passione e lo sguardo amoroso. Ne esco distrutto e fiaccato e mi chiedo dove si nasconda il suo segreto.”
Ecco, allora, che, per non rimanere estraniato, Romano Masoni decide di intraprendere uno di quei suoi contrastati viaggi nel profondo dell’umanità; ad afferrare, nel Cantico, gli aspetti più terreni. La carnalità dell’inebriamento, (Inebriatevi, o cari) in cui la fissità e la statuarietà dell’impostazione sono sostenute da un avvolgente trascolorare di luci e ombre; la reciprocità del flusso amoroso tra i volti dei due amanti, (Davanti al gregge) colti nell’espressione più delicata e affettuosa, proiettata nell’infinito, eppure così legata – nella diagonale della composizione – all’assoluta immediatezza del momento; l’effusione degli aromi che si sentono emanare da quel morbido cesto del primo piano (Si effondano gli aromi) e che si diffondono nebulosi nello spazio; l’affettuosissimo sguardo verso l’amata riversa nel sonno, (Non destate il mio amore) delineata con pochi, sensuali, toccanti segni; la purezza degli accenni alla sessualità, ai caratteri identitari della femminilità, delineati con la consueta maestria e con il pudore di chi non vuole inquinare la compostezza lirica del poema (Le curve dei tuoi fianchi). Ed ecco, infine, apparire uno dei suoi caratteri distintivi: l’insetto, altro riferimento alla terrestrità, un essere che appartiene al senso stesso della vita. Si posa placido sulle carni della giovinetta; senza disturbarla, senza insolentirla; semplicemente per rivelare che Romano Masoni penetra con tutto se stesso nella lastra e nel poema; ne riemerge soddisfatto ma non appagato; sposta continuamente in avanti i suoi obiettivi, spinto da perenne curiosità, quella curiosità – nell’accezione vichiana – figlia dell’ignoranza e madre della scienza.

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