Conoscendo discosto i mali che nascono… | Tomaso Cavallo

Accendere la luce è, per lo più, il primo gesto che compiamo ad ogni nostro risveglio e premere l’interruttore per spegnerla l’ultimo. In mezzo le mille azioni che possiamo compiere solo grazie all’abbondanza di energia di cui fruiamo. Gli ultimi decenni ci hanno abituati ad averla sempre a disposizione, ed è raro che ci soffermiamo a riflettere da dove venga e come sia prodotta. Ci accorgiamo di colpo della sua importanza solo nei momenti di crisi, come nel caso di un imprevisto black out. In ogni caso il problema del l’approvvigionamento energetico an che agli occhi dell’opinione pubblica è ormai un problema acuto, a cui bisogna aggiungere la prospettiva inquietante del cambiamento climatico. In pochi decenni, infatti, il massiccio consumo di carbone e derivati del petrolio ha profondamente alterato l’atmosfera del pianeta, con conseguenze che rischiano di essere fuori controllo se non si interviene immediatamente.

La decisione del governo italiano di costruire nuove centrali nucleari, gli accordi firmati con la Francia, ci sono stati presentati come una scelta obbligata: il nucleare è indispensabile – ci viene detto – inoltre è pulito e sicuro; garantisce l’indipendenza dai fornitori di petrolio e gas, costa meno delle altre fonti energetiche ed è l’unica strada che possa garantirci anche in futuro tutta l’energia di cui avremo bisogno. Ma siamo proprio sicuri che sia così?

La questione energetica, ed in particolare la questione nucleare, non può essere lasciata solo nelle mani degli esperti, dei politici e, possibilmente meno ancora, in quelle degli affaristi. È una questione che ci riguarda tutti, perché è strettamente intrecciata con molti altri temi fondamentali: dall’ambiente alla democrazia, allo stile di vita che vogliamo per noi e per i nostri figli. Per questo è importante che ciascuno riesca a farsi un’idea informata in merito, mettendo a confronto le varie posizioni. Nell’aprire la discussione sul libro di Helen Caldicott, Il nucleare non è la risposta, tradotto in italiano ed edito per i tipi di Gammarò (Sestri Levante 2010), voglio limitarmi per parte mia a tre brevissime divagazioni che spero non troppo impertinenti.

Com’è noto, il 27 ottobre del 1553 nella Ginevra riformata da Giovanni Calvino muore sul rogo Michele Serveto, il medico spagnolo colpevole di aver scritto – una ventina di anni prima – un libro “contro la santa e indivisibile Trinità, libro contenente molte e gravi bestemmie contro di essa…”. Quattrocento anni dopo, nel 1952 provvisoriamente, e dal 1954 ufficialmente, Ginevra diventa la sede del Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire, il CERN, oggi chiamato anche Laboratorio Europeo per la Fisica delle Particelle. Mi chiedo cosa avrebbe pensato Calvino non tanto della presenza del prestigioso CERN nella sua Ginevra riformata, ma piuttosto del fatto che Trinity è stato il nome in codice del primo test atomico, la prima esplosione atomica prodotta dall’uomo il 16 luglio 1945, in una località a 95 chilometri da Alamogordo (New Mexico). E cosa potrebbe pensare del fatto che ancora oggi è chiamato trinitite il residuo vetroso formatosi nel deserto, vicino ad Alamogordo, sul sito dell’esplosione del primo ordigno nucleare e sapendo inoltre che il nome trinitite non è usato solamente per i residui vetrosi originati dall’esplosione Trinity, ma è normalmente usato per indicare i residui vetrosi originati da tutti i test di bombe nucleari. Per citare il poeta Vieles wäre zu sagen davon (Ci sarebbe molto da dire al riguardo).

La seconda divagazione è un mio ricordo di infanzia: nel paesino in cui sono nato, che oggi si fregia del cartello Porta delle Alpi Marittime ma che a lungo salutava chi vi giungeva con il cartello Zona depressa montana, l’economia ha conosciuto un significativo balzo in avanti a partire dalla metà degli anni ’50 in particolare grazie alla coltura delle fragole. Quanto fossero ignoti in generale i pericoli connessi al nucleare, in un momento in cui l’Italia era un paese dotato di centrali nucleari, lo dimostra l’incredibile slogan che esaltava la virtù della fragola delle nostre colline nel corso della sagra annuale: “la fragola più energetica, perché uranifera”, “la fragola più gustosa, perché radioattiva”!!! Alle pendici della Bisalta infatti, a partire dal 1948, la Montecatini aveva iniziato la ricerca dell’uranio, aprendovi per i successivi 15 anni una miniera.

La terza divagazione mi riporta se non a Pisa, a Firenze. A un toscano illustre a cui le frequenti piene dell’Arno avevano insegnato che gli argini vanno rinforzati nei tempi di magra del fiume, prima che sia troppo tardi. Nel suo scritto più famoso e famigerato, il segretario fiorentino riteneva che i prìncipi savii dovessero saper guardare non solo alle emergenze presenti, ma anche alle possibili calamità future, “perché – scriveva – prevedendosi discosto, facilmente vi si può rimediare, ma, aspettando che ti si appressino, la medicina non è a tempo, perché la malattia è diventata incurabile. Et interviene di questa come dicono e’ fisici dello etico, che, nel principio del suo male, è facile a curare e difficile a conoscere, ma, nel progresso del tempo, non l’avendo in principio conosciuta né medicata, diventa facile a conoscere e difficile a medicare… Conoscendo discosto i mali che nascono, si guariscono presto; ma quando per non li avere conosciuti, si lasciono crescere in modo che ognuno li conosce, non vi è più rimedio”.

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