La pantera e il dubbio | Gianluca Brunori

dal numero 105 del marzo-aprile 1990

Ora che la pantera è uscita dalle prime pagine dei giornali (anzi, ne è proprio sparita) Il Grandevetro vorrebbe permettersi modestamente di mantenere aperto il discorso sull’università, presentando testimonianze ed opinioni su quello che è stato questo movimento e sui temi che esso ha messo in campo.

Mi sembra qui importante sottolineare alcuni punti di riflessione.

1) Sbaglierebbe, a mio avviso, chi guardasse a questo movimento in un’ottica tutta interna all’università, misurandone vittorie o sconfitte solo sui risultati concreti che esso sarà riuscito ad ottenere in questo campo. Chi ricorda il ’68 come un movimento di risposta ad un progetto governativo di legge sull’università? E’ dunque importante non sottovalutare la valenza politica più generale di un fenomeno di massa così importante quale quello che si è dispiegato sotto i nostri occhi, e che ha affermato con forza con tenuti dal segno inequivocabile: la non violenza come cultura e come metodo, la democrazia intesa nel senso più pieno e non puramente formale, ma soprattutto il primato del sociale sul privato, il rifiuto di accettare la modernizzazione capitalista come l’unica possibilità di cambiare le cose.

2) Naturalmente il problema dell’Università non è un pretesto del movimento: piuttosto è stata immediatamente recepita la centralità della tematica nel più generale dibattito politico. L’Università rappresenta il luogo della riproduzione del potere, è il motore fondamentale della produzione di cultura, è un elemento essenziale della qualità dello sviluppo. Parlare di università è dunque affrontare da un angolo visuale particolare, ma privilegiato, la più generale questione dei possibili modelli di organizzazione o sviluppo della società. Non è un caso che siano stati alcuni movimenti ambientalisti ad accogliere con più sollecitudine le proposte del movimento, in quanto consci, almeno nei loro esponenti più sensibili, dell’importanza del controllo sociale delle tecnologie e del loro impatto sull’ambiente, del percorso della scienza come processo non neutrale, immerso nelle contraddizioni sociali e soggetto all’influenza dei poteri più forti e meglio organizzati.

3) La stessa Università è un gigantesco luogo di potere, in cui le norme sono soltanto un ostacolo da aggirare o da rendere prive di contenuto, mentre ad esse si sostituiscono nel suo funzionamento effettivo norme ben più incisive non scritte, ben conosciute peraltro da chiunque sia all’interno del meccanismo. Qualcuno crede ancora che l’assegnazione di personale e la crescita di un settore
disciplinare sia basato su criteri di effettiva necessità? Che i concorsi siano effettivamente basati sui titoli? Che la libertà di insegnamento non si sia trasformata in libertà dell’insegnamento? Che il ruolo, riconosciuto dalla legge, del Preside o del Presidente del corso di Laurea come coordinatore e “controllore” dell’attività didattica sia effettivamente svolto?

4) Se il movimento non ha ottenuto ciò che chiedeva, non è tutta colpa sua: a ciascuno la sua parte. È colpa del movimento se anche nel Partito comunista l’orientamento largamente prevalente è stato quello di accettare nella sostanza l’impianto del progetto di Ruberti? E’ colpa della Pantera se non c’è stato un partito, almeno uno, che abbia fatto proprie e rilanciato nelle sedi istituzionali le tematiche emerse? E’ colpa degli studenti se gran parte dei docenti di sinistra, credono, magari del tutto onestamente, che il problema dell’università sia legato soltanto alla burocrazia e al ruolo centralizzatore del ministero, quando il sistema di potere da spezzare è invece quello dei feudi accademici e dei loro meccanismi di riproduzione?

In un clima di disarmo generale e di restaurazione sociale, è apparso, con sorpresa dei più, un soggetto sociale vero, combattivo e radicale, che per un po’ ha scompaginato gli schemi comodi e soporiferi della politica nostrana fatta di governi nuovi e di governi ombra di maggioranze conflittuali e di opposizioni senza conflitto. Non avrà fatto grandi conquiste immediate, non avrà gettato le basi di un nuovo progetto, ma ha quanto meno seminato dei dubbi. Di questi tempi, non è poco.

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